mi tuffo nel Personal Branding col Videoblog! Olè

Col consueto ritardo che porto sulle spalle, oggi mi occupo finalmente delle description da mettere su twitter, cioè una nicchia di un settore del personal branding, a sua volta settore dell’internet marketing (per chi non fosse fan delle parole inglesi: scusa).

Dopo 4 video personali, di cui uno con mia nonna, uno in cui sembro un pazzo delirante e uno in cui parlo di colloqui di lavoro SEO (svelando così una questione taboo per questo mondo moderno: si ho paura per il futuro, sappiatelo) direi che è ora di pubblicarne un paio anche qui sul goatseo, intanto perchè inizio vagamente a carburare, poi perchè si parla in parte di SEO (ma se ne parla proprio poco, quindi se vi interessa solo il SEO non guardateli neanche) e poi perchè si: ho bisogno di esplorare tutti i mondi possibili, non solo quelli in cui mi sento a mio agio (anche perchè dopo che Alle mi ha passato i video di iTr3vor, in cui un ragazzino mette in imbarazzo i negozianti e gli acquirenti degli apple store, vedendo la simpatia con cui tutti questi americani sono pronti ad entrare in un video mi sono sentito a disagio e ragazzi è un settore che va comunque toccato, visto poi il mio acquisito senso dell’imbarazzo per i luoghi pubblici e le cose pubbliche in genere).

perchè twitter?

Come accennavo, anche se Twitter è partito come strumento di comunicazione, i suoi segnali sono presi in considerazione da Google per valutare l’attendibilità di pagine internet, probabilmente sulla base nel numero di “menzioni” di ogni pagina nei vari tweet e sicuramente in funzione della qualità degli utenti che twittano. Cosa significa qualità in un network sociale? Come si calcola la reputazione, per decretare la qualità? Pare che facebook abbia un apposito algoritmo (EdgeRank).

perchè la description di twitter?

Come accennava Matt Cutts nel suo videocast (già il fatto che Matt faccia i video invece che i post blog dovrebbe parlare abbastanza chiaro sulle decisioni prese dal team delle conversioni) le persone non sono scatole, e per il momento twitter è ancora un segnale debole, per quanto riguarda l’ordinamento dei risultati sui motori di ricerca. Allora, in questo mi sento tranquillo, nel test di Turing di solito sono forte e visto che sono anche un filtro vivente (cioè non metto persone nei follow se non mi sono essenziali per la sopravvivenza su internet) provo a dirvi come mai, in alcuni casi, le vostre description non sono convincenti, o semplicemente il mio punto di vista che in alcuni casi potrebbe aiutarvi a consapevolizzare l’uso di quei pochi caratteri che avete a disposizione e che vi servono per ispirare qualche tipo di idea in chi vi legge e deve decidere se seguirvi oppure no, e tra questi sicuramente c’è anche il Google Bot 🙂

non parlare di brand

se qualcuno ricorda “non pensare all’elefante” capirà perchè quando hanno chiesto a Matt Cutts “ma come vi comportate rispetto ai brand?” lui ha risposto:

we don’t think about brands, we think about words like trust, authority, reputation, pagerank, high quality

A parte giocare a fare Lie To Me sulle espressioni di Matt per capire quale delle citate è la più importante, mi fa piacere notare come anche una persona dall’altra parte del mondo in fondo ragioni in modo comprensibile. Per quanto siano interessanti i suoi concetti però, sono solo parole rispetto al media che le supporta: il video. Va detto che Matt non fa sempre tutto giusto e appunto per il suo coraggio di rischiare, anche sbagliando credo vada preso d’esempio.

tante motivazioni deboli non ne fanno una forte

Poi vabbè dopo 3 video ho già una buona parte di critiche degli amici, posso permettermi di affrontare le critiche del “pubblico”.

Ah poi c’è anche un’altra motivazione (siccome mi vergogno molto, ho dovuto trovarne più d’una per pubblicare questi video che vedete): quando vado sulle pagine delle persone mi viene voglia di capire “come” sono, oltre al fatto di capire “cosa” scrivono e cosa hanno concluso nella vita. Quindi, se questa curiosità è comune come credo sia (altrimenti non mi spiegherei il successo di Facebook in alcun modo), magari a qualcuno che non mi conosce interessa sapere qualcosa in più di me.

Poi dico anche un’altra cosa per una persona che vorrebbe magari fare un video blog e si vergona e ha paura e pensa “ma no, non voglio sprecare prezioso spazio disco di Google”: fallo. Essere me stesso mi sta aiutando moltissimo a ricevere contatti solo da quel genere di persone che mi gradisce, e sul lavoro è fantastico. Mi arrivano contatti con gente che mi da del tu, non si formalizzano, sanno che mi possono parlare in modo diretto di soldi o lavoro, senza problemi.

Motivazioni per fare un video blog (le mie)

  1. ne ho voglia
  2. è più vero che un blog, cioè meno facile fingere
  3. ho bisogno di togliermi sta paura della telecamera
  4. se riesco, quando non ho tempo di fare un post (di solito ci metto almeno 4 ore) nel giro di 10 minuti potrei riuscire a comunicare qualcosa di paragonabile ai contenuti che metto nel blog
  5. youtube è un settore su cui professionalmente sono scoperto: quindi devo imparare
  6. le prime volte che fai un video ti da la scossa di adrenalina
  7. è vanitoso e autoreferenziale (cioè due delle principali leve di successo dei blog, alla loro epoca in cui tutti li criticavano)
  8. mi piace molto guardare i videoblog di EnzoMJ, che è e resta il mio ispiratore ufficiale (da lui ho anche copiato molte delle movenze che stanno decretando l’immenso successo del mio canale, 7 visualizzazione di media a video!)
  9. posso dire le parolacce in pubblico
  10. fa personal branding (far vedere come “sono” a chi si interessa a me)

critiche ricevute dopo 3 video + 1

  • ho difficoltà a seguire il discorso/ subito non capivo
  • hai perso troppo tempo per parlare di nulla/mettere a posto la webcam
  • non si capisce perchè lo fai
  • troppe ripetizioni dei follower con le stesse caratteristiche
  • sono stato tentato di mandare avanti
  • forse era più una roba da scriverci un post
  • secondo me ti servono altri 10 video per perdere l’imbarazzo dell’essere di fronte alla telecamera
  • l’inizio mi ha fatto pensare al PRIMO VERO PAZZO DI YOUTUBE (cioè, lui lo fa dai primi anni 90, quando youtube non c’era!)
  • cercando simone righini su youtube non ti trovo
  • troppe parolacce
  • non c’è musica
  • non c’è lo schermo quando parlo di qualcosa che sta sullo schermo

Le ultime due sono mie auto critiche, che non ho idea di come risolvere visto che sto usando il comodissimo e lentissimo caricatore automatico dentro a youtube stesso, se avete suggerimenti su software da usare per fare webcast passate pure i link (conosco Camtasia ma se inizio a perdere tempo con la post-produzione addio punto 4 sul risparmio del tempo).

PS. per sapere tutto sul Personal Branding sappiate: io lo sto probabilmente facendo male! Leggiti Luigi (che è anche l’unico che conosco che parla di personal branding con coerenza.

E-Commerce, scandali e SEO

Quando per fare una consulenza SEO mi trovo a lavorare su un ecommerce e non vedo call-to-action la prima mossa è davvero facile. Il genere di persona che va su un sito per acquistare un prodotto se non trova facilmente i bottoni per comprare, o chiaramente indicati tutti i passaggi per procedere con l’acquisto, si arrende.

Chiamate all’azione – Call to Action

Non sto a parlarti di cosa sia o come si sviluppi una call to action chiara e di facile comprensione. In fondo sono solo bottoni grafici, devono essere abbastanza grossi, arancioni e a forma di pulsante, senò la gente non clicca.

E se la chiamata all’azione invece che “compra qui” dicesse “no aspetta, pensaci su, questo prodotto potrebbe alla lunga nuocere alla tua salute“? Quanti comprerebbero… se messi di fronte alla lampante conclusione che il nostro sistema produttivo fatto di import export a volte dimentica per strada le responsabilità?

Far riflettere chi deve comprare, vende?

E rende di più o di meno rispetto un percorso di acquisto ottimizzato e semplificato?

A questa domanda forse impiegherò ancora un anno a rispondere, nel frattempo cerco di capire dove investire il mio tempo (visto che sia io che i miei clienti lo paghiamo caro) e oggi sostanzialmente ho 2 opzioni: o spammo o costruisco fiducia.

Pensavo… il 2011 sarà un altro bell’anno per l’e-commerce in Italia, con l’arrivo di Amazon.it e le conferme di Facebook:

Non so se oltre al numero, di Facebook cresca anche l’intelligenza collettiva, si potrebbero misurare quanti soldi fa girare (sia per gli investitori che per i clienti delle pubblicità). Fin ora lo stato dell’arte del link building era conoscere qualcuno qualcuno alla Nasa per avere link di qualità indiscussi, ti posizioni lo stesso magari. Scherzi a parte è iniziata la nuova collaborazione con un celebre negozio ecommerce di prodotti tipici di Parma (prosciutto, parmigiano reggiano, violetta di Parma ecc..), è un’azienda che compra e rivende in giro per il mondo i prodotti del consorzio Prosciutto di Parma.

L’ennesimo scandalo, alle pubbliche relazioni in azienda tutti in silenzio

e dopo solo qualche mese dall’inizio della mia collaborazione, parte l’ennesimo scandalo che coinvolge i fornitori dell’ecommerce con cui collaboro (mi riferisco al caso di Report dei prosciutti di Parma importati dall’estero e marchiati coi loghi che dovrebbero definire la provenienza italiana). Dove andrà questo scandalo? Forse nel nulla, come succede spesso quando intere comunità sono coinvolte… ma la cosa che non mi piace è che sono questi piccoli drammi permessi dalla legge, che è diventata cosi complicata o cosi permissiva. Come quando alzano o abbassano le tolleranze “di legge” ad esposizioni verso sostanze nocive. Come se ci fossero davvero dei limiti tollerabili per tutti verso l’esposizione all’inquinamento che noi stessi produciamo.

Prima facevo riferimento alla NASA, come esempio dei massimi livelli qualitativi imposti a un ciclo produttivo. In realtà a parte l’incredibile ammontare di denaro investito, devo solo testimoniare la mia ignoranza sull’esistenza di aziende in cui il ciclo produttivo sia gestito in modo virtuoso, considerando anche etica, salute dei consumatori e controlli accurati su tutti i fornitori, se ne conoscete linkatemele.

Oggi col servizio di Report mi si conferma un sospetto che era nell’aria da tempo (anche i casi delle pecore che “sostano” brevemente in sardegna mi aveva fatto impressione).

cosa ne fa un SEO delle informazioni?

In tutto questo un SEO cosa può fare? Per il rispetto dei miei clienti finali, quelli a cui vendo la merce, io ho la possibilità di dire tutto il dicibile. Ho la possibilità di coinvolgere il mio pubblico e posso far presente tutte le voci, anche linkando un servizio “scandalistico” che parla male dei fornitori dei miei partner commerciali.

Credo che il dovere principale di un’azienda sia informare con trasparenza i propri consumatori. Sia dei lati positivi dei propri prodotti, che dei lati negativi, in modo che siano i clienti a poter decidere, avendo informazioni più precise possibile.

Quali benefici porta uno scandalo alle aziende coinvolte?

I benefici di una maggiore esposizione mediatica sono tutti da misurare, c’è da divertirsi. Se io fossi la direzione di Prosciutto di Parma, per esempio, farei di tutto per collaborare con chi indaga su una malefatta, piuttosto che cercare di insabbiare e far finta di niente. Ma se io fossi Prosciutto di Parma sarei anche daccordo coi comitati che cercando di fermare la costruzione dell’inceneritore che inquinerà mezza provincia di Parma, sempre per preservare il mio prodotto. Certo che se come hanno detto nel servizio 6 maiali su 7 arrivano dall’estero… chi ha più convenienza a proteggere la nostra terra?

quando il silenzio punisce

Un modo politico di sopravvivere agli scandali è stare in silenzio, lasciare che “si sgonfi”. Sui motori di ricerca è il contrario. Se non pubblichi sul tuo sito parole chiave interessanti, per esempio “prosciutto di parma servizio report” allora chi le sta cercando troverà solo chi ne parla. E chi ne parla, se non chi ne parla male? Si torna agli albori del web, quando nel clue train manifesto si diceva che “i mercati sono conversazioni”. Se ignori la conversazione, stai ignorando il mercato. Se pensi di poter monopolizzare la conversazione col tuo potere aziendale, stai solo tirando pugni in faccia alla tua stessa immagine pubblica.

troppo SEO

Non voglio diventare una di quelle persone che campano coi loro articoli sulle sfortune degli altri, purtroppo le questioni “negative” attirano sempre una parte di traffico interessato a capire che cosa sta succedendo (quindi non necessariamente un pubblico che ha già un’idea in testa).

Dopo aver visto il servizio di Report sento la situazione più pesante del previsto, perchè non è tanto il consorzio Prosciutto di Parma, ad essere indirizzato come colpevole, è tutta una catena produttiva di cui stiamo perdendo il controllo, a partire dalla scarsità di informazioni utili che mettiamo sulle etichette dei nostri prodotti. E questa scarsità molto spesso è un silenzio complice di qualche strategia consumistica da cui vorrei dissociarmi con le parole e con esempi concreti nel modo di gestire la mia piccola attività.

Vederci chiaro

Ringrazio moltissimo Alessandro che mi ha linkato questi infografici spettacolari sulle spese nazionali italiane degli ultimi 10 anni, grazie all’ottimo lavoro dei soliti noti di OpenKnowledge… e grazie alla voglia di trasparenza e precisione che sta finalmente arrivando. La trasparenza non ti salva dai crolli improvvisi o dagli scandali, ma setta dei limiti precisi e soprattutto traccia la linea tra chi sceglie di “aprire” i propri dati al pubblico e chi li tiene privati.

Chi lucra dal malessere altrui? Chi fa contratti loschi o non paga le tasse? Grazie anche a OpenParlamento e ad una convergenza collaterale di forze, piano piano ci arriveremo.

Se è importante sapere quanto guadagnamo, credo sia ancora più importante dire bene dove spendiamo i soldi e perchè.

update: Ebay s’è comprata Magento.

Velocità

  • per i siti ecommerce la velocità da sola è in grado di far alzare le vendite e le conversioni
  • la velocità dei siti è anche un fatto di posizionamento SEO.

Novità

Ettore Guatelli e la storia del suo sito

finita la scuola dell’obbligo, nel 99 dopo 6 sfortunati mesi di università, ho iniziato a lavorare. Contratti tipo co.co.co. fatica a trovare motivazioni eppure un mestiere pieno di scoperte: il web designer. Figurati il mio mestiere non aveva neanche un nome italiano, se dovessi parlarne oggi ad Ettore dovrei dirgli “disegnatore di pagine internet”. e poi dovrei spiegargli cosa stava diventando e cosa è diventato internet. E poi dovrei dirgli che faccio pubblicità, in fondo, e spaccio cose poco interessanti per farle sembrare più interessanti e più “trovabili” sui motori di ricerca.

Guarda qui il documentario completo in streaming “il mondo che abbiamo perduto” di Pietro Medioli

Questo era Ettore, in risposta alla domandacosa te ne pare di tutti gli altri giornalisti che son venuti a chiederti interviste?“. Da poco tempo è stato sostituito il vecchio sito che avevo fatto per il Museo Guatelli, col nuovo fatto giustamente in WordPress e contornato da video e robe social che una decina di anni fa avremmo tanto voluto fare eppure non si potevano ancora. Noto che la cecità degli uomini in cravatta coi soldi in mano è rimasta immutata da 10 anni, hanno infatti disabilitato i commenti. Andrea sostiene che abbiano paura di veder scritto sul loro sito “porco dio che sito di merda”, io invece credo abbiano più paura di trovar scritte nei commenti cose migliori di quelle che fanno aggiungere a fatica dai loro scrivani.

Hanno tenuto il montaggio audio che avevo fatto per il flash introduttivo (se vi interessa, qui la versione censurata perchè non volevamo comprare i diritti di Galway), mi ero guardato tutto lo splendido film di Pietro Medioli “il mondo che abbiamo perduto” e avevamo scelto un piccolo brano “significativo” per aprire il sito, con le parole di Ettore. Il design era minimalista, c’era troppo da raccontare per far finta che un sito internet fosse importante nel racconto. Oggi ho scoperto che anche Herzog ha visto il documentario di Medioli e da wikipedia scopro anche la citazione di Werner:

“l’italia ha in Ettore Guatelli un tesoro vivente”.

In questo post (che forse sarebbe stato meglio su rrr) volevo mettere un ricordo commosso ad Ettore, come tutte le volte che ascolto la sua voce mi torna la voglia di vivere, una voglia che si nasconde sotto le scarpe ad ogni colpo ricevuto, ad ogni delusione da mandar giù. Invece non credo sia possibile, dato che tutti mettiamo musichette commoventi sotto alla voce di Ettore (Medioli compreso), mentre a lui piacevano i tagli secchi, e poche balle.
Cmq, ma come cavolo è possibile che Herzog sia arrivato ovunque? Ma così ovunque e così esattamente che solo per seguire la metà delle sue orme mi servirebbe una vita. meno male che ci sei tu, Werner. E che fatica che fai tu… proprio tu… per tirare a casa la pagnotta con le cose che ti piacciono, e poi non ce la fai, e chiami Nicholas Cage.

Inizialmente ho pensato, dai scrivo a quelli che hanno fatto il nuovo sito del museo, per fargli i complimenti e magari mi linkano anche. Inquietante come il mio pensiero auto-referenziale si adatti perfettamente alle mode SEO di qualche anno fa. (mode che devono cambiare, perchè i link peseranno sempre meno, e sempre di più facebook e social blabla spero).

Poi però ho deciso, no, ci faccio un post, chissenefrega della gratitudine, sono io che devo parlare di Ettore oggi.

Eppure non serve un altro sito per parlare di Ettore, basta il canale Youtube! ecco, i video. Vanno guardati tutti, è obbligatorio per lavarsi la history.

Visto che questo era un post pieno di nostalgia, vi lascio con la SEO news del giorno, che Arrington riporta in modo spettacolare: Google censura per sbaglio Places… in fondo era contenuto duplicato, no? E poi invece era un pesce d’aprile. Antipatico.