Bounce Back e SEO: la guida DEFINITIVA

il bounce back è come il colesterolo. c’è quello buono, e quello cattivo… e spesso li si confonde.

Partiamo da ciò che misura analytics: entrambi, cumulandoli in un’unica metrica. Per analytics infatti una sessione con bounce 100% è una sessione costitutita da una sola pagina vista. Quindi se abbiamo due utenti, uno che visita una pagina e l’altro che ne visita due, la media dei loro bounce è 50%. Facile vero?

aspetta un attimo!

Che succede quando abbiamo un articolo lunghissimo ed un utente lo legge tutto senza cliccare su altre pagine? Fa bounce! Per questo motivo nei siti in cui si hanno molti contenuti sulla stessa pagina il bounce back mediamente sarà più alto rispetto che sui siti nei quali è necessario cliccare su vari link per leggere più contenuto.

Quindi devo spezzettare i miei articoli?

Guarda: questi sono i dati di un sito che coraggiosamente ha provato a implementare sia la paginazione, ed in seguito AMP, che mi da la possibilità di tracciare sia le performance che le vendite di ogni versione del contenuto (che è lo stesso in tutte le versioni, compreso il meta title è identico anche nella seconda pagina (rel=”next”)

amp paginazione bounce back seo

Non si è abbassato il bouce, non è migliorato il tempo di permanenza sul sito, non sono migliorate le vendite. Guardati almeno 5 minuti questi numerini e trai le tue conclusioni! Non farò cerchietti per indicare nulla.

Quindi devo fare solo articoli kilometrici?

Stiamo calmi! come al solito la risposta giusta è… DIPENDE. Partiamo un attimo dai tuoi obiettivi: il bounce back è un numero cattivo, più è basso meglio è: vero? Non è detto. Andiamo a suddividere il bounce nei suoi due tipi principali:

Bounce back esterno (il colesterolo cattivo)

  • Un utente naviga una sola pagina del tuo sito e poi fa “back” per tornare a Google.

Se clicca anche sul risultato della concorrenza si chiama Pogo Sticking ed è uno sei segnali più brutti che il tuo sito possa lanciare al motore di ricerca.

Bounce back interno (il colesterolo buono)

  • Un utente naviga una sola pagina del tuo sito e poi chiude il browser, totalmente soddisfatto della lettura.

Questi due scenari (interno o esterno) sono misurati da analytics nello stesso identico modo: bounce 100%. Eppure la realtà delle due situazioni è diametralmente opposta. Nel primo caso esterno probabilmente l’utente tornerà a Google ed effettuerà una nuova ricerca, questa situazione è da evitare come la peste, perchè è il classico caso che potrebbe portare a calo di posizioni organiche.

Nel caso interno invece Google non ha possibilità di misurare il feedback dell’utente, perchè dal punto di vista del motore di ricerca infatti il nostro utente non è tornato sui suoi passi (avendo chiuso il browser, o il tab del browser). Noi invece possiamo fare supposizioni. Per esempio se il nostro sito ha molti visitatori di ritorno, contenuti molto lunghi, pubblicazione puntuale di contenuti stabile nel tempo (Es. media di 4 articoli al mese per almeno un anno) allora possiamo preoccuparci poco del bounce back e cercare di capire se con l’aumentare del tempo il nostro numero unico di visitatori di ritorno tende ad aumentare. In questo caso fortuito, stiamo lavorando bene! Indipendentemente dal bounce alto.

Modi per diminuire il bounce cattivo (esterno) e non quello buono (interno)

Mettendo i link interni alle stesse ancore interne (es. come fa Wikipedia) Analytics non ha possibilità di misurare altre pageview (amenochè non si faccia il barbatrucco per lanciare almeno un evento), con questi menu interni si abbassa la probabilità che un utente non trovando subito qualcosa di suo gradimento possa fare back col browser. Io consiglio comunque di mettere sempre anche qualche link ad altri articoli, in modo da abbassare anche il bounce back generico, soprattutto su approfondimenti o temi lontanissimi (c’è sempre una percentuale di lettori pigri che non hanno voglia di finire di leggere il nostro articolo e che tuttavia si fanno attrarre da una ancora fantasiosa).

Adjusted Bounce Rate

Per lanciare un evento dopo 20 secondi di navigazione (ottenendo una frequenza di rimbalzo un pochino più utile di quella standard) aggiungere al codice di Analytics universal la riga in grassetto:

<script>
(function(i,s,o,g,r,a,m){i['GoogleAnalyticsObject']=r;i[r]=i[r]||function(){
(i[r].q=i[r].q||[]).push(arguments)},i[r].l=1*new Date();a=s.createElement(o),
m=s.getElementsByTagName(o)[0];a.async=1;a.src=g;m.parentNode.insertBefore(a,m)
})(window,document,'script','https://www.google-analytics.com/analytics.js','ga');
ga('create', 'UA-XXXXX-Y', 'auto');
ga('send', 'pageview');
setTimeout("ga('send', 'event', 'feedback', 'utente_interessato')",20000);
</script>

e i link esterni?

Anche i link esterni nei normali post di un blog tendono ad abbassare il bounce esterno (quindi ci fanno bene… ma sul lungo periodo). Il problema coi link esterni è che sono come una scommessa nella bontà altrui: scommessa rischiosa. Se mettiamo infatti link esterni di grande qualità, perdiamo l’attenzione del lettore nel breve periodo, e speriamo di mantenere la sua attenzione sul lungo periodo (ottimo per esempio per tutti i siti che fanno della vendita dei contenuti il loro business model, pessimo per tutti quelli che monetizzano a pageview/impression).

Google conosce il bounce back del mio sito?

i dati di analytics sono le tracce sulla sabbia che hanno lasciato persone che sono già andate via: analytics è lo strumento che usiamo per fare ipotesi su dove potrebbero essere andare quelle persone, quante erano, e ci da informazioni tipo “qual’è la grandezza media dei loro piedi”.

Queste informazioni possiamo usarle per strutturare meglio il nostro sito internet, se guardando le traccie scopriamo che gli utenti che hanno il 44 di piede non entrano mai da una certa porta, possiamo fare ipotesi (forse non è abbastanza grande per loro).

COMUNQUE: analytics è un nostro strumento, che mostra un punto di vista sui dati dei visitatori del nostro sito.
Google ha la sua piattaforma di statistiche, che probabilmente è diversa da Analytics. Google giura di non guardare questi triliardi di dati di cui dispone.

Questa è un’ipotesi su ciò che potrebbe dedurre Google da un bounce back cattivo:

E il bounce back sui referral social, come lo consideri?

Come accade per il motore di ricerca possiamo ipotizzare che anche Facebook abbia modi per misurare i click sugli articoli che non hanno portato ad una lettura effettiva (bounce cattivo). Probabilmente loro riescono a misurarlo ancora meglio di Google visto che la modalità con cui gli utenti usano Facebook è assidua (con sessioni che durano ore e ore). In ogni caso, il bounce back sui referral social non impatta direttamente sul bounce della ricerca organica, ma i due dati sono correlati: se il tuo articolo è scritto proprio male, o il tuo sito fa proprio schifo… probabilmente avrai due bounce back ugualmente alti.

Il bounce back è taroccabile: quindi è una metrica inutile?

non proprio. Il bouce back è una metrica di grande valore, ma il suo significato è ambiguo. Lanciando un evento sul timeout forzi il ricalcolo del bounce per tutte quelle sessioni che sarebbero rimaste a 100% di bounce back anche nei casi in cui il lettore ha letto per intero il nostro articolo. Più è alto il valore di questo timeout e più sarà significativo dal punto di vista di un corretto calcolo del tempo di lettura.

simone
appassionato di seo, linked open data e ambiente